Premio Teglio Poesia 2014 – Maddalena Lotter (prima)

Le poesie di Maddalena Lotter, racchiuse nella silloge Lanterne blu, si muovono tra molteplici polarità opposte, dando l’idea di una parola divisa tra il farsi vedere e il tornare nel buio di inconscio pastorale. A questo del resto rimandano le immagini della lanterna o dell’alba, che sono gli occhi di chi scrive e cerca di farsi largo tra le oscillazioni della vita.
A dominare le immagini è l’acqua sia come elemento che fa presagire il conflitto, quando è temporale o pioggia, sia come elemento capace di condurre al sé, a quel desiderio di somigliare alla terra, alle bacche rosse, che forse potrebbe essere raggiunto grazie all’amore, come luogo dove sciogliere le paure e fiorire l’uno accanto all’altro come tronchi.

C’è un rispetto fra i tronchi
si può fiorire l’uno accanto all’altro
ma piano, a dovuta distanza
lasciare spazio al respiro dei rami;
volevo imparare dagli alberi
come si sta senza fusione ma poi
è arrivata una tempesta, la stessa
acqua, ho pensato, che ora bagna
la tua casa a valle.

*

notte

Quando ti giri nel letto a poca luce
e sfili la mano dal cuscino
in fretta, tutta un nervo;
quando ti alzi verso l’acqua
e sotto la palpebra chissà quali
luoghi benedetti o precipizi;
nella mia veglia prevedo ogni tuo
spostamento e rumore, se c’è
una nuova penombra verrà
registrata, le daremo un nome
gentile prima dell’alba.

*

Ho cercato di dirmi
cosa sia questa nostra intimità;
in un bene antico e agile
come di vita precedente
teniamo accese le lanterne.

Tutti i giorni impariamo ad imitarci
come fanno le scimmie,
sfiliamo grumi di buio
dai rispettivi capelli.

 

Premio Teglio Poesia 2014 – Maddalena Bergamin (seconda)

La rapida raccolta di dieci poesie dal titolo “Scoppieranno anche queste stagioni” di Maddalena Bergamin ci accompagna al ritmo di una passeggiata equilibrata, attraversata da quell’umidità sinuosa che è il trascorrere del tempo, nell’attesa che gli eventi possano accadere. Della camminata ritroviamo la cadenza, scandita del verso preciso, come fosse una preghiera che racconta di un’attesa. Lungo il tragitto verso il desiderio si incontrano le “cose” abituali, che acquisiscono nuovi significati, nonostante tutto rimanga in sospensione. La passeggiata svela le nostre fragilità nell’atmosfera oscurata del sonno, piuttosto che “nella luce che esplode.

Per tre giorni il sole ha sbattuto
sul vetro macchiato delle nostre finestre
da tre giorni nessuno risorge e si bagna
nella cenere umida dell’asfalto che lascia
la terra. Può darsi, si dice, che il momento
che passa di nuovo  ritorni e che le cose
riviste sul tavolo abbiano nuovo significato
Ma a me pare che il dolore sia nel nodo
della borsa e dei lacci, nelle fessure
che tengono insieme il tragitto
di un corpo seduto in poltroncina
rivestita di rosso e trasportato
come fradicia merce al deposito della notte
dove a raccogliere e sistemare i vestiti
non si arriva mai in tempo, se tu credessi
che nel rosso degli occhi che bruciano
ancora io vedo la luce delle cose opache
che risplendono solo in segreto

*

Descrivo lo sbalzo e la linea
nei segni rinchiuso si sposta
il segreto, il sobbalzo, l’eterno
nascondersi della parola
e della figura nel verbo
nell’acqua versata
che forma le nostre
viventi rampanti rincorse
e tu pensi che forse questo
tempo che passa si fermi
questa luce che acceca
ritorni, senza dare nemmeno
ragione dei torti
e dei giorni

*

Parla per noi il violino che stride
e quante notti rimangono al nostro
distacco. Dentro una stanza piegata
dal cielo, nella pioggia soltanto ti chiedo
perdono, per avere guardato nel vetro
contro il muro e non averti vista di lato
senza trucco a farmi cento cenni
nella sera di maggio

Premio Teglio Poesia 2014 – Guido Cupani (terzo)

La breve silloge “Quel che rimane in pezzi fra le mani” si presenta originale e variegata dal punto di vista formale: accanto a versi lunghi o spezzati è possibile infatti trovare componimenti ad andamento prosastico, poesie di struttura più tradizionale ed anche alcuni haiku. Il tono è  pure esso mutevole, a volte leggero ed evocativo, altre ironico, altre ancora quasi sperimentale nelle scelte lessicali e grafiche. Il maggiore merito dell’autore però non risiede nel semplice padroneggiare forme espressive così diverse tra loro, quanto nel riuscire a renderle funzionali alla costruzione di un percorso omogeneo e legato da alcune tematiche fondamentali: la futura nascita di un figlio, la fragilità preziosa delle relazioni umane, un senso di religiosità convinta ma al tempo stesso non priva di dubbi soprattutto quando si trova ad affrontare il mistero della morte.

Poesia del cuore che abbiamo visto battere

Un cuore impara a fare il cuore anche non udito
Qualcuno ha bussato alla nostra porta mentre eravamo fuori
la pioggia tamburellava sul tetto a metà del sonno e non ce ne siamo accorti

Benedetto allora il cuore che cuce il tempo
centoventi virgole d’ago al minuto
per dire, per dire, per dire,

(imparano di nuovo a contare
le nostre bocche spalancate nel rintocco dell’ecografo)
più uno, più uno, più uno, più uno, più uno, più uno, più uno,

 *

«Certo che so i nomi degli uccelli,
vedi laggiù?, un rondotto, un carderello,
e poi un tordirosso e questo frullo
forse è una colibrettola, non so, aguzziamo gli occhi »

«Certo che so le lingue degli uccelli
e perfino i dialetti, c’era un libro nello studio di tuo nonno
e quand’ero ragazzino ci parlavo, ma è un secolo
che non cip cip ciprovo
pìup pìup pìup più »

«Non conosco i pensieri degli uccelli,
ma loro sanno i nostri, tu che dici?, tutto il tempo ad osservare
noi che portiamo il mondo avanti o indietro
e fanno appena un cenno col capino e
continuano a cantare »

*

E non sappiamo come ce ne andremo

non sappiamo nemmeno che cos’è andarsene
raccogliere le proprie cose per portarle da nessuna parte
e non sappiamo come ce lo chiederanno          gentilmente forse
mi dispiace disturbarla ma dovrebbe cedere questo posto
prego si accomodi le mostro la strada          o non ci sarà piuttosto
richiesto soltanto nel puro gesto di una mano che ci solleva per le spalle
come fossimo meri appendianime
qui tollit peccata mundi          e ci toglie a noi stessi

E non sappiamo perché ce ne andremo           a evaporare come il cerchio
di fiato che faceva il vetro appena un po’ più trasparente
Probabilmente
nulla ci sarà chiesto e non potremo domandare
e crederemo di rimanere quando già saremo
altrove a non rispondere all’appello

E non sapendo impareremo a essere stati

I vincitori della sezione “Barba Zep” – Scuola Secondaria di Secondo Grado

1. Giulia Tonetto

In un linguaggio jazzistico, sincopato, l’autrice sonda, con sguardi e pensiero, il tempo che ci vede ostaggi di un modello di vita che esige l’apparire come stolta verità. Dove anche l’amore è piccolo, al confronto con una perfezione estetica imperante, ma dove l’anima oppone, scalciante, cocciuta, una coerenza eletta a fondamento.

Cuori di foglia

Lei torna da scuola
la vetrina è sempre lì.
Escluso il sabato.
Lei guarda quel cappotto
i colori, le linee
le tinte disordinate
come la mente di lui
residuo di ieri.
Lei vede ancora le cerniere
sporche di fanghiglia
le foglie che si aggrappavano al retro
figlie di un amore piccolo
piccolo
morente sui prati autunnali.
Un giorno
una gruccia vuota
lei non c’è più.

*

Equilibrio

Le dita si flettono
l’equilibrio sull’orlo della banchina.
Un puntino barcollante
una zattera nell’oceano di polvere e fischi
ti allontani dalla stazione.
I pensieri sprofondano
caduta libera verso il buio
non c’è paracadute.
Come mosche assillano la mente
parassiti d’impotenza
zavorre di un dirigibile bucato.
Ecco un sibilo, un rumore greve
aria fra i capelli, aria fra i pensieri
il treno che per un soffio ti ha mancato
sveglia per un sonno assassino
si allontana nuovamente.

*

Adepte

Soffice cotone
lana color pastello
occhiali, tocco di colore
perfetta armonia
sinfonia di toni
ordine.
Essere come lei, non posso
in me troppe radici di caos
troppo tempo su questa strada sterrata.

Nero, ruvido
tonalità in una lotta fratricida
trecce e passi lunghi
lenti, veloci, sincopati
vola e cade, ali rattoppate
un cuore riciclato, mai sanato
essere come lei, impossibile.
Non mi è permesso
“non va bene”
sicura e perfetta, questo devo essere.

Nero e bianco, cresciute dagli ipocriti
ragazze copertina
un filo d’Arianna è il requisito necessario
solo coerenza, nient’altro è consentito.

2. Anna Astolfo

Alla notizia della esecuzione di “un uomo, un folle”, l’autore oppone la follia della nostra comunità civile indifferente alle ferite che perpetriamo agli esseri umani e al pianeta per mantenere il nostro modus vivendi. Mentre il mondo vomita ossi e rovine, gli uomini dei soldi e del silenzio (un silenzio che è anche un assenso), continuano i loro turpi traffici senza fare i conti neanche con la dignità.

21 milioni

Alla radio hanno detto che
stanotte uccideranno
un uomo un folle.
E lui ancora,
ridendo nella morte,
così griderà ai suoi assassini :
Fate pure chi sono io ?
Tanto…

Ci sarà un altro sole
dà dare alla pelle dei bambini
dopo che il fumo del fungo
si sarà dissolto.
Ci sarà altra cenere
con cui lavarsi
dopo che i forni
saranno spenti.
Ci saranno altri ragazzi
da gettare in mare
dopo che la rivolta
si sarà placata.

Quanti sono
quanti sono quelli
che voi uomini indifferenti ,
avete ucciso ?
Quanto della vostra anima
avete avvelenato
ogni volta che rinviavate
voi, uomini della certezza ?
Per quanto tempo
resterete ancora a guardare
mentre il mondo
vomita ossa e rovine ?

Ci saranno altri prati
da cui mangiare
quando le piogge velenose
si saranno prosciugate.
Ci saranno altre braccia e gambe
da sfruttare
quando tutte le caramelle rosse
saranno scoppiate.
Ci sarà altra polvere
su cui camminare
quando questa terra
sarà stata saccheggiata del tutto.

Ma che vite avete?
Voi, uomini dei soldi e del silenzio,
quanto bene capirete
di aver vissuto
quando saranno gli altri
a bruciarvi, esiliarvi, ignorarvi?
Voi, miliardi di occhi,
quando vi accorgerete
di aver perso la dignità del vivere
ancor prima
di aver versato
una sola vera lacrima?

Alla radio
hanno detto che
stanotte uccideranno
un uomo, che poi è solo un folle.
E gli assassini
non saremo certo noi.
Controllate: al sicuro,
nelle calde case,
dormiamo, gli occhi chiusi.


3. Domiziana Montello

Poesia intimistica, ma con guizzi e accensioni improvvise del linguaggio. L’autrice compone un trittico in cui speranze e tristezze spostano continuamente l’asse temporale. Si va dall’anelito a un presente d’amore e calore, alla stanchezza  di un futuro che sembra aver già espresso i suoi verdetti.

Giacca

Portami con te
mi farò piccola
talmente piccola
che potrai tenermi
nella tasca della giacca.
Mi nutrirò del tuo calore,
mi disseterò del tuo respiro
non avrò bisogno d’altro.

*

Fabbriche di nuvole

Fumi di carta rosati
librati nel cielo
dipinti immobili
si mescolano
nell’amnesia del giorno
sconfinata ed atra.
Memore di quei dialoghi
soventi monologhi.
Lunghi iterati viaggi
nella buia intimità
rapidi come lacrime
scorrevano nella notte
di casa in casa.

*

Mio tempo fuggi

Corri di qua e di là come una piuma
non sai cosa sia, il tempo, bambina
veloci scorrono i minuti ora
e veloci gli attimi di allora
sibilano i silenzi notturni.

È l’ora del buio e delle stelle
il silenzio ora tace, e le cicale
e noi miseri condannati a morte
ignari della pena, non vediamo
l’ora di chiudere i nostri occhi
nell’oscura prigione della notte.

I vincitori della sezione “Barba Zep” – Scuola Secondaria di Primo Grado

1. Melissa Tognetti

Ammirevole è la sua capacità di cogliere la polpa della vita entrando a partire dagli oggetti quotidiani. Il ritmo piano e i versi brevi amplificano l’attitudine a creare legami tra mondi distanti, offrendo a chi legge suggestioni per guardare la realtà in modo nuovo.

Colori PARALELLI 

Penna indelebile
cancella i miei ricordi.
Romanzo in bianco
colora il mio cielo.
Ma tu sei terra
che si prosciuga
nelle idee
di chi è stanco,
di chi,
che per scrivere favole
penne non ha.

E se muori
un nuovo specchio
mi rifletterà.

*

Specchio 

Tu
occhi fantastici
che spiano le stelle,
occhi contenti
che ridono al bimbo.

In te magia
profumata di stupore
e di innocenza
che altri
solo ricordano
in quel tempo passato
che sembra remoto
ma esistito.
Terminato quando
ti sei sentito grande.

Ma solo tu
vecchio bambino
sei capitano
della tua anima,
capitano
dei tuoi ricordi
scultore
del tuo presente.  

*

Orologio senza tempo 

Forse
non scriveremo
novelle di vita.
Tante stelle
esistono
nella tua notte.
Quanti astri
nel giorno mio.
E noi
non siamo
sole splendente,
ma canto antico
che suona
alla porta.

Cantare potrai
se ascolteremo
con gli occhi
del volere
di un nonno.

2. Samuele Biasin

Nel confronto con il fosso si delinea il ritratto di un vecchio. A prevalere sembra la differenza tra il rinnovarsi della natura e il lucido pensiero della fine, da cui traspare una saggezza straordinaria.

El vecio fos

Cufà tal canton de un fos
Vaso de creda e de busi,
la me vida.
I crep tal muso someia cuiere.
Tut me pasa davanti
Come el burin che nol te vede.
Fos, te pol eser lavorà
Da man cristiane
Mi no.
Ti te torna nase col bel temp,
al contrario mi more,
vive sol del tempo
regalà da chei altri

3. Giulia Marzinotto

Il dialetto conferisce freschezza a questa poesia sulla gioia della primavera, il cui magico rinnovarsi è scandito dalla semplice vita delle rondini.

La sixila

Sixila,
aguilon picinin e grasioxo
ch’el vola sbruntà da ‘na
bava de vento de primavera.
Quando che te rivi,
noi savemo che
la natura la se sveja
da l’inverno gelà!
Te te fa el nido in mexo ai travi
de i veci graneri.
Sensa stufate, te vola ‘n tal ciel
pien de nuvole bianche.
E dopo che te ga esplorà
el mondo,
te torni contenta al to nido.